Io ho un debole per John K. Samson.

Una specie di versione gentile di Henry Rollins, che lascia il posto di bassista dei Propagandhi e passa dall’hardcore a dischi quasi folk, scrivendo scarne poesie acustiche che parlano di gatti e dei loro padroni, di autostrade canadesi, antenati islandesi, esploratori antartici e degli olmi di Winnipeg, dal punto di vista degli olmi.

Trovo in molte delle sue canzoni grazia e sensibilità non comuni, ed in quel may we grow un punto di vista aperto ad un lieto fine, anche in tempi spesso difficili, per gli olmi e per gli umani.

 

May the rope remember all the rhymes for knot
To lift me up and lay me down
Bear the swinging weight of love
May the birds answer carabiner clicks
Carry off the tiny seeds
Better ways to be alive
May it all seem plausible wherever we land
May we grow.

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